L’ultima novità in fatto di ordinanze bizzarre viene da Pisa: sarà proibito girare con grosse borse, valigie e zaini in prossimità di monumenti storici. Subito ribattezzata «ordinanza antiborsoni», la decisione del Sindaco e del Prefetto è indirizzata ai venditori ambulanti stranieri, e agli «abusivi» che vendono merci contraffatte. In questo modo, oltre ad allinearsi alla moda delle ordinanze «creative» (e cretine), le autorità locali dimostrano una profonda ignoranza in materia di commercio ambulante e contraffazione. Su questi temi, non farebbe male ragionare a partire dai dati: vediamoli brevemente.
In questo finale di Estate, il nostro paese ha fatto ridere tutta Europa. Ha cominciato Le Monde, il 13 Agosto, parlando di Sindaci «folkloristici». Ha incalzato l’inglese Independent, il 17 Agosto: «quando una cosa è divertente, l’Italia ha una legge che la vieta» [leggi anche: testo originale inglese]. Da allora, la barzelletta delle «ordinanze creative» ha fatto il giro del mondo. Del resto, se ne possono raccontare infinite varianti: si va dal provvedimento fiorentino sui lavavetri al divieto di sostare nei parchi (Novara); dalla multa per i fidanzatini «colpevoli» di leggere un libro sul prato (Vicenza), all’«ordinanza antimendicanti» nella città che ha dato i natali al fondatore di un «ordine mendicante» (Assisi). Mancava, in questo campionario da Figurine Panini, un provvedimento contro il problema dei problemi: stiamo parlando, naturalmente, dei «borsoni», dove gli ambulanti stranieri tengono la loro merce. Per supplire a questa lacuna, interviene ora il Comune di Pisa che, dopo una lunga concertazione nientemeno che col Prefetto, ha dato vita all’«ordinanza antiborsoni». Se ne sentiva davvero la mancanza…
Sarebbe facile infierire su un simile provvedimento, che si commenta da solo. Se invece volessimo – facendo violenza al nostro naturale senso del ridicolo – provare a prenderlo sul serio, bisognerebbe far riferimento al suo obiettivo dichiarato: contrastare l’abusivismo commerciale e la vendita di merci contraffatte.
Che lo si possa fare minacciando istericamente chiunque giri per strada con borse e zaini di rilevanti dimensioni è almeno dubbio: sarebbe un po’ come accendere un barbecue usando il bazooka. Del resto il diritto, la legge, l’ordinanza non sono armi improprie da usare come una clava all’indirizzo di chiunque susciti una personale antipatia: e i custodi del diritto – quali sono, dovrebbero essere, autorità pubbliche come il Prefetto o il Sindaco – dovrebbero sapere che i provvedimenti di un’amministrazione debbono essere proporzionati e commisurati al problema da risolvere. Se la contraffazione è un reato, dunque, si colpiscano i colpevoli di quel reato, non coloro che potrebbero esserlo in ragione dei loro «borsoni». E’ davvero tanto difficile questo ragionamento?
Abusivismo commerciale e contraffazione
Il contrasto ai cosiddetti «abusivi» è ormai la moda del momento: accanto ai Rom, sono loro il bersaglio preferito di Sindaci in cerca di visibilità, ma a corto di idee. La faccenda della contraffazione consente di appellarsi alla facile retorica delle «regole»: molti ambulanti stranieri sono privi di licenza, vendono merci «taroccate» violando il diritto d’autore, e dunque sono «illegali» da perseguire in tutti i modi possibili. Eppure, basterebbe dare un’occhiata proprio ai dati sulla contraffazione, per rendersi conto della complessità del fenomeno.
Secondo un recente studio dell’OCSE, l’industria della contraffazione rappresenta il 5-7% dell’intero commercio mondiale. Il 35% delle merci «tarocche» è prodotto nel bacino mediterraneo: l’Italia è il maggior paese produttore dell’Unione Europea, e il terzo a livello mondiale. Il mercato del falso in Italia genera un giro di affari che oscilla tra i 3,5 e i 7 miliardi di euro, mentre secondo una recente indagine di Confcommercio si supererebbero i 7 miliardi. Sempre nel nostro paese – spiega Assorologi – la produzione di falsi è «strettamente legata agli stessi distretti industriali che operano nella produzione “legale”». Gli italiani, dal canto loro, sono consumatori di merci tarocche, e secondo una ricerca dell’Istituto Piepoli la stragrande maggioranza di loro (il 62%) dichiara di farlo abitualmente, senza sensi di colpa [per questi dati vedi: ricerca OCSE, in inglese; Nota sul fenomeno della contraffazione a cura di Assorologi; Tutti i numeri della contraffazione, da Indicam; Il Rapporto dell’OCSE sull’impatto economico della contraffazione, studio di A. G. Micara].
Viviamo, insomma, in un paese la cui economia si regge in parte considerevole sull’industria del falso. In questo quadro, sembra almeno improprio l’accanimento esclusivo contro i venditori ambulanti stranieri: i quali, dal canto loro, svolgono quasi sempre questo mestiere quando non hanno il permesso di soggiorno. E’ un modo per mantenersi e sopravvivere quando non si può lavorare alla luce del sole, con un normale contratto di assunzione. Basterebbe regolarizzare queste persone per ridurre in modo considerevole la presenza dell’ambulantato cosiddetto «abusivo»: e per dedicarsi ad altre, ben più serie forme di economia sommersa ed illegale.
Il problema della «contraffazione» sembra ancora una volta il pretesto per colpire i settori più fragili dell’immigrazione. E per riattivare lo sfibrato «mercato del consenso» alle elezioni amministrative.
Un campionario interessante di ordinanze «demenziali» si trova nel blog Ordinanza Pazza
Mi sembra un un falso problema quello della contraffazione riferito agli ambulanti: chi compra “tarocchi” da loro sa benissimo cosa compra e se lo fa probabilmente non è disposto a pagare la cifra richiesta per l’originale che quindi non comprerebbe mai. semmai il problema può esistere quando il falso passa nella distribuzione ufficiale e viene venduto come originale
se viviamo in una societa’ in cui e’ piu’ importante la griffe rispetto alla qualita’ o all’utilita’ dell’oggetto, mi pare perfettamente logico che la gente compri le griffe dove costano meno! ho visto delle magliette D&G che sono normalissime Fruit (5 euri al mercato, o anche meno) ma costano qualche decina di euri solo perche’ c’e’ scritto D&G. E allora se guadagni su queste cazzate non lamentarti se lo fa anche qualcun altro!
la dizione “falso” e’ fuorviante. nessun ambulante tenta di spacciare un rolex per vero. nessuno che compra un rolex finto comprerebbe mai un rolex vero. quindi la rolex non ci perde una lira, semmai ne acquista in pubblicita’.
non escludo poi che a frugare nelle vetrine di corso italia e borgo stretto, di veri “falsi” se ne troverebbero non pochi… ma non sono venduti da neri, stranieri e poveri, quindi chissenefrega, no?
bello poi come si sproloqui sulla delinquenza degli immigrati e contemporaneamente si tenti di tagliar loro le gambe quando si guadagnano da vivere senza delinquere. E allora vaffanculo de’! (vabbe’, poi c’e’ anche la famosa distinzione fra “quelli che vengono per delinquere” e “quelli che vengono per lavorare”, come se ci fossero orde di immigrati che fanno qualche migliaio di chilometri pensando “che bello, vado in Italia a spacciare e rubare le biciclette, e’ il mio sogno fin da bambino”)
Caro Francesco,
a proposito della distinzione tra immigrati che vengono “per lavorare” e immigrati che invece arrivano “per delinquere”, ti rimando a un bell’articolo di Giuseppe Faso:
Un abbraccio e grazie
sergio
A proposito di contraffazione:
Saviano racconta l’industria del vero/falso/vero
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=2958&ext=_big.wmv
Questa ultima ordinanza, con rispetto parlando, mi sembra una grande sciocchezza. Un modo di risolvere le cose furbesco e creativo, ma nel senso piu’ negativo del termine.
Ci dovrebbbe essere un referendum sul potere di ordinanza dei sindaci. Ormai possono usare le ordinanze come una clava contro tutto ciò che non piace a loro o ai loro partiti. E’ davvero un problema di legalità e di libertà.