Esiste una emergenza sicurezza a Pisa? C’è da dubitarne: i tassi di criminalità sotto la Torre Pendente sono assai contenuti, come dimostrano tutte le statistiche disponibili. Dietro le campagne allarmistiche si cela in realtà un tentativo politico di criminalizzazione della presenza migrante. Rielaboro qui, e sviluppo, il mio intervento alla terza edizione del Convegno “Interferenze Urbane” organizzato dalle associazioni del Progetto Rebeldia.
A Pisa, come ovunque, l’immigrazione è ormai un fenomeno che manifesta segni di stabilizzazione e integrazione. Sul territorio provinciale vi sono 26.775 stranieri regolarmente soggiornanti, gran parte dei quali titolari di permessi di soggiorno di lunga durata, che indicano la volontà di una presenza stabile sul territorio (51,5% per lavoro, 37,7% per motivi familiari) [si veda Caritas-Migrantes, Immigrazione. Dossier Statistico 2007. XVII Rapporto, Idos, Roma 2007, pag. 482]. Alcuni dati, in particolare, indicano che i migranti stanno “mettendo radici” nelle nostre zone. Per esempio, tra il 2005 e il 2007 sono triplicate le richieste di ricongiungimento familiare: il che significa che gli stranieri già soggiornanti hanno chiamato le loro famiglie, e hanno dunque deciso di rimanere stabilmente nella nostra provincia [dato fornito dalla Prefettura di Pisa – Sportello Unico per l’Immigrazione, nel corso della riunione del Tavolo Provinciale Immigrazione del 29 Gennaio 2008: vedi sito di Africa Insieme].
I fenomeni di marginalità e di esclusione sociale
Accanto a questa progressiva stabilizzazione della presenza migrante, si assiste alla crescita di fenomeni di marginalizzazione ed esclusione sociale di alcuni settori dell’immigrazione.
In proposito, la Provincia di Pisa ha svolto, nel 2006, un’indagine su un campione di stranieri, da cui emergono dati tanto interessanti quanto preoccupanti [Michela Casarosa (a cura di), Gli immigrati in provincia di Pisa. Lavoro, qualità della vita, cittadinanza, Pacini editore, Pisa 2006]. Secondo questa indagine, il 10% dei migranti che abitano nelle nostre zone (e il 17% delle donne straniere) lavora più di 10 ore al giorno [Ibid., pag. 31]; uno straniero su quattro guadagna, dal proprio lavoro, meno di 500 euro al mese [Ibid., pag. 32]; il 10,1% abita in condizioni abitative non precisate (non ha né una casa, né una stanza né un luogo stabile dove dormire) [Ibid., pag. 40]. Da altre ricerche sappiamo che vi sono aree significative della presenza straniera nelle nostre zone, che vivono in condizioni di marginalità e di esclusione, e che sono vittime di fenomeni diffusi di discriminazione.
Rebeldia, per esempio, ha fatto una piccola video-inchiesta che vale la pena raccontare in breve. Sono state fatte delle telefonate ad alcune agenzie immobiliari, per chiedere appartamenti in affitto: la prima telefonata la faceva una persona dal marcato accento straniero, chiedendo un alloggio con determinate caratteristiche (un certo numero di stanze, un certo prezzo ecc.); la seconda telefonata era fatta invece da una persona chiaramente italiana, ma la richiesta era sempre la stessa, un appartamento con le medesime caratteristiche. Ebbene, nel primo caso – quando a chiamare era uno straniero – la risposta era sempre “ci dispiace, al momento non abbiamo nulla da offrirvi”; nel secondo caso – quando la telefonata proveniva da un italiano – si proponeva un’offerta molto ampia di appartamenti. Questo è solo un piccolo esempio, per dire che gli immigrati subiscono discriminazioni nell’accesso al mercato degli affitti: se pensiamo – cito qui, di nuovo, i dati della ricerca svolta dalla Provincia – che gran parte dei migranti si rivolge al mercato dell’affitto, e che nelle nostre zone solo l’8% degli stranieri ha una casa in proprietà [M. Casarosa, cit., pag. 41], capiamo quanto può incidere una discriminazione del genere.
I risultati di questi fenomeni sono sotto gli occhi di tutti: una parte, per fortuna minoritaria ma numericamente significativa, del mondo dell’immigrazione a Pisa è progressivamente sospinta verso condizioni di marginalità ed esclusione sociale. Ci aiutano, di nuovo, alcune rilevazioni recenti. Secondo i dati del Progetto Homeless, aggiornati al Giugno 2007, il 65% delle persone senza fissa dimora in città sono straniere [Progetto Homeless 2007: vedi sito di Africa Insieme]; quasi 600 cittadini migranti vivono nelle baraccopoli ai margini del tessuto urbano [vedi studio sulle baraccopoli a Pisa, su questo stesso sito]. Sono fenomeni che andrebbero affrontati con opportuni interventi di politica sociale.
La criminalizzazione
Si sta diffondendo, invece, tanto nei quotidiani locali quanto nella discussione politica cittadina, un atteggiamento di criminalizzazione della marginalità sociale, che colpisce in particolar modo i migranti. Se volessimo fare una piccola cronistoria delle campagne mediatiche, dovremmo ricordare almeno i principali eventi che hanno scandito la progressiva criminalizzazione della presenza straniera in città. Ne ricordo alcuni:
– Aprile 2006. Il Tirreno lancia una campagna sulla Stazione, definendola Chinatown. Il consiglio comunale approva una delibera che impone la traduzione in italiano delle insegne dei negozi, mentre i consiglieri di Alleanza Nazionale, promotori dell’iniziativa, la giustificano osservando che i pisani si sentono “stranieri a casa loro”.
– Giugno 2006. Campagna sulla sicurezza nella zona Stazione lanciata dai giornali. Proteste dell’ASCOM per la microcriminalità. Il Sindaco propone di vietare la vendita di alcolici. Il Questore, sul Tirreno del 28 Giugno, ribadisce che la città è tranquilla, che non si registrano particolari fenomeni criminali, e che anzi i tassi di criminalità di Pisa sono “finlandesi” (i più bassi d’Europa).
– Ottobre 2006. Nuova campagna sulla sicurezza in zona Stazione: il bersaglio stavolta sono i Rom e i senza fissa dimora, accusati di rendere insicura l’intera zona.
– Primo trimestre 2007. Arriva il nuovo questore, dottor Fulvio della Rocca. Incontri con le categorie commerciali, intensificazione dei controlli alla Stazione, guerra agli ambulanti stranieri al Duomo. «Il dottor Della Rocca», si legge su «Il Tirreno» del 23 Marzo 2007, «si è soffermato su quelli che gli sono apparsi i temi più urgenti della città, problemi come l’immigrazione, l’ordine pubblico, i furti, il mercato della droga». L’immigrazione, dunque, viene definita come un problema in sè.
– Maggio 2007. Campagna sulle baraccopoli al CEP. Il 16 vengono sgomberati due insediamenti “abusivi”.
– Agosto 2007. Campagna contro l’insediamento di rumeni al Ponte delle Bocchette.
– Novembre 2007. Un episodio di violenza sessuale al quartiere Piagge scatena una nuova campagna contro l’insediamento di Ponte delle Bocchette
– Gennaio 2008. Alcuni Rom del campo di Coltano risultano coinvolti in episodi di violenza. La stampa, di nuovo, getta benzina sul fuoco, e si riapre la campagna contro i Rom e contro il programma Città Sottili.
Pisa è una città “insicura”?
L’allarme, lanciato soprattutto dai giornali locali, non ha alcun fondamento: non vi è nessun dato che possa confortare la tesi di una città “insicura”, in preda alla microcriminalità e alla delinquenza.
Prendiamo ad esempio i dati sulla criminalità in Toscana, diffusi recentemente alla Conferenza Regionale sullo stato della sicurezza (vedi notizia sul sito di Africa Insieme). Questi dati ci restituiscono una realtà molto complessa, differenziata a seconda delle tipologie di reato. Tra il 2004 e il 2005, per esempio, a livello regionale diminuiscono moltissimo gli omicidi (-13,8%). Aumentano del 7,6% le lesioni volontarie, dell’8,4% le estorsioni, del 6% i furti: si tratta, però, di aumenti molto più contenuti rispetto al biennio precedente, che indicano dunque un trend discendente. Il vero boom sono le frodi informatiche (+32,9%), che di norma non vengono rubricate come “reati di forte allarme sociale”, mentre restano stabili i reati per droga (+1,1%).
Complessivamente, in Toscana le denunce crescono dell’8,7% (la media nazionale e’ del 6,7%), ma questo non dice molto, perchè negli ultimi anni sono cambiati i sistemi di rilevazione: nel 2004 è entrato in vigore il nuovo archivio SDI, che oltre alle denunce pervenute a Polizia, Carabinieri e Finanza, include per la prima volta anche quelle del Corpo forestale, della Direzione antimafia, dall’Interpol, delle Polizia Locali e di molte altre fonti. Questo rende spesso inesatti i confronti tra i dati SDI e quelli precedenti, perchè i primi finiscono per essere necessariamente sovrastimati [per questo aspetto vedi il Rapporto 2007 sulla sicurezza del Ministero dell’Interno]. Diminuiscono, invece, le condanne, che registrano un calo del 2,6% (a fronte di un incremento a livello nazionale): questo dato, però, si riferisce al biennio 2003-2004, e dunque andrebbe più utilmente confrontato – forse – con l’aumento delle denunce registrato negli stessi anni (+5,4%).
Per quanto riguarda Pisa, il nostro territorio si colloca nella parte intermedia della graduatoria delle province toscane: nel 2005 si sono registrate 4.608 denunce ogni 100.000 abitanti, un dato inferiore a quello riguardante Firenze, Livorno, Pistoia e Lucca, leggermente superiore rispetto a quello di Prato e nettamente superiore rispetto a Grosseto, Massa Carrara, Arezzo e Siena. E’ interessante osservare che la nostra provincia registra tassi di criminalità inferiori alla media regionale per quanto riguarda rapine, omicidi, reati di droga e di prostituzione, mentre i furti sono leggermente superiori.
Come si fa a trarre conclusioni univoche da dati così complessi e diversificati? Come si fa a dire, con questi dati, che Pisa è una città insicura?
La realtà è che attorno alla questione sicurezza si sta giocando una partita tutta politica: i “dati di fatto”, in questo caso, contano assai meno della posta in gioco politico-ideologica.
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