Tornano in questi giorni, a proposito dei Rom, le infamanti accuse di rapimento di bambini. Accuse false, inventate e drammaticamente simili a quelle che, solo pochi secoli fa, colpivano gli ebrei: cerchiamo di ricostruire brevemente le une e le altre, sul filo della memoria storica.
Dunque, gli zingari ruberebbero i bambini: è quanto si apprende dalla stampa nazionale di questi giorni, a proposito del caso recentemente accaduto (o inventato) a Ponticelli, vicino Napoli (che, come riportano le cronache di oggi, ha avuto un seguito drammatico, con aggressioni e violenze contro i Rom). Una vicenda dai contorni ancora poco chiari, ma che secondo alcuni quotidiani (il più convinto sembra Il Giornale) non lascerebbe dubbi. Le cose stanno proprio così, i Rom rubano davvero i bambini? Vediamo più da vicino…
I Rom, oggi…
Una inchiesta condotta recentemente da Alberto Prunetti, e pubblicata sul blog Carmilla on-line, ci restituisce alcuni dati interessanti: «Da fonti Reuter, e sulla base dei dati forniti dalla polizia di stato, i minori scomparsi in Italia nel periodo 1999-2004 (nella fascia dei minori di 10 anni) sono stati “portati via” da uno dei genitori per dissidi coniugali o, soprattutto nel caso di bambini stranieri, sono casi di bambini affidati dal Tribunale dei Minori a istituti, bambini che vengono “prelevati” da un genitore che si rende poi irreperibile assieme al figlio. Per quanto riguarda i minori di età tra i 10 e i 14 anni e tra i 15 e i 17 anni, prevalgono tra gli italiani i casi di ragazzi allontanatisi volontariamente da casa per dissidi familiari, mentre rimangono presenti tra gli stranieri le fughe, assieme a un genitore, dalle strutture in cui i minori sono affidati, in maniera coatta, dai Tribunali dei minori (in questi ultimi casi qualche romantico parlerebbe non di rapimento, ma di evasione, per intenderci)». Di minori “rubati” dagli zingari, però, non c’è nessuna traccia negli archivi giudiziari: se venisse confermato dal successivo processo, quello di Ponticelli sarebbe il primo episodio in Italia. Certo, ci sono i casi raccontati sui giornali: che però, spesso, si rivelano vere e proprie bolle di sapone. Qualche esempio lo fornisce lo stesso Prunetti nella sua inchiesta.
A Lecco, il 14 Febbraio 2005, tre donne rumene sono accusate di aver cercato di rapire un bambino: la mamma dichiara di aver sentito distintamente le parole “prendi bimbo, prendi bimbo”. Due delle tre ragazze Rom, difese da un avvocato d’ufficio, decidono di patteggiare la pena, ma la terza, coraggiosamente, affronta il processo e viene assolta: i giornali parlano solo delle prime due, e tacciono sull’assoluzione finale.
Un secondo esempio, molto famoso, è il caso di Denise, oggetto di nuove accuse contro i Rom in una recente puntata di Chi l’ha visto. Ecco come lo racconta Prunetti: «Denise Pipitone, tre anni, scompare misteriosamente [nel Settembre 2004 a Mazara del Vallo]. Il fatto ha una enorme eco mediatica e si fanno ipotesi diverse. Un mese dopo a Milano una guardia giurata vede al mercato una bambina che gli ricorda Denise (vista in foto sui giornali), assieme ad alcune “nomadi”. L’uomo scatta alcune foto col suo cellulare e sporge denuncia. Dopo qualche tempo la polizia identifica la bambina della foto con l’aiuto di alcuni rom rumeni. Si tratta neanche di una bambina, ma di un bambino rom, figlio di una coppia che vive in un campo milanese. La notizia (anzi: la smentita) non viene passata ai giornali, perché riservata a fini investigativi».
Un terzo caso, più recente, è accaduto a Palermo nel Luglio 2007. Una giovane donna Rom finisce in carcere, accusata di aver tentato il rapimento di un bambino su una spiaggia. Dopo l’iniziale e consueto battage scandalistico di giornali e televisioni, il caso si sgonfia: la principale testimone/accusatrice ammette di non aver visto un tentato rapimento, ma soltanto di essere rimasta terrorizzata per la presenza della ragazza “zingara”. L’accusa viene immediatamente ritirata dalla testimone, e la donna Rom esce assolta dal processo: ma di questo, com’è facile immaginare, i giornali non parleranno.
Insomma, l’accusa di rapimento di bambini come pratica usuale dei Rom è completamente priva di riscontri. In un altro articolo, pubblicato ancora sul blog Carmilla online, Prunetti dimostra anzi il contrario: vi sono numerosi casi di bambini “portati via” alle famiglie Rom. Si tratta di minori nati in Ospedali italiani e che, per le difficoltà burocratiche di riconoscimento (perchè i genitori sono apolidi o privi di documenti) vengono alla fine sottratti alle famiglie e dati in affidamento; oppure di bambini più grandi, in età scolare, “portati via” su ordine dei Tribunali dei Minori perchè abitano in campi nomadi, baracche e altri luoghi impropri. In quest’ultimo caso, com’è facile comprendere, l’essere sottratti alla propria famiglia è una violenza che si aggiunge a quella del “campo” (dove è bene ricordarlo, i Rom non scelgono di abitare, ma vi sono costretti).
… e gli ebrei, ieri
Accuse inventate, montature giornalistiche, scandali costruiti “ad arte” che si sgonfiano nell’arco di pochi giorni: il quadro è straordinariamente (e drammaticamente) simile a quel che accadeva agli ebrei qualche secolo fa. Anche loro – secondo l’opinione pubblica e il senso comune dell’epoca – “rubavano i bambini”, quelli cristiani, per ucciderli e usare il loro sangue a scopo rituale. Questa leggenda nasce nel Medioevo. Il primo caso attestato risale al 1144, quando nella cittadina inglese di Norwich viene ritrovato il cadavere del piccolo William: le autorità locali accusano gli ebrei di aver rapito il ragazzo nel giorno di Pasqua, e di averlo crocifisso, secondo un macabro rituale consistente nel ripetere il martirio di Gesù Cristo. Mentre il corpo del piccolo William diventa oggetto di una vera e propria venerazione, l’accusa di rapimento di bambini – peraltro mai verificata – si diffonde presto in tutta Europa: episodi simili sono registrati pressochè ovunque, e danno vita a frequenti persecuzioni, espulsioni e violenze contro le comunità ebraiche. A nulla serve l’intervento di pontefici e sovrani – a favore degli ebrei si mobiliterà, con argomenti stringenti e con straordinario coraggio intellettuale, persino l’Imperatore Federico II.
Nel XIII secolo, alla tradizionale accusa di rapimento di bambini si aggiunge un nuovo capo di imputazione: secondo le dicerie popolari – sostenute spesso da autorità religiose locali senza scrupoli – gli ebrei non solo rapiscono i bambini, non solo li uccidono, ma usano il loro sangue per pratiche liturgiche pasquali. Il mito dell’omicidio rituale diventa così accusa del sangue: giudici e inquisitori, chiamati a verificare la fondatezza delle dicerie sui “mostri ebrei”, non esitano, lungo tutta l’età moderna, a ricorrere alla tortura per estorcere la piena confessione degli imputati. Così, molti ebrei finiranno per far “mettere a verbale” accuse false e infamanti, che legittimeranno le successive condanne a morte.
L’apogeo dell’accusa del sangue si verifica nel 1475 a Trento. Il piccolo Simone, passato alla storia col nome di Simonino, figlio di un conciacapelli, scompare misteriosamente la sera del giovedì santo: il suo corpo viene ritrovato, in condizioni strazianti, in un fosso d’acqua attiguo alla casa di uno degli esponenti più in vista della locale comunità ebraica. Grazie anche alle invettive di Bernardino da Feltre, predicatore antisemita senza scrupoli, la comunità trentina si convince della colpevolezza degli ebrei. La stessa Santa Sede, che inizialmente – come già aveva fatto in tutti gli altri casi – si oppone alle persecuzioni contro gli ebrei, alla fine finisce per avallare (seppur parzialmente e con molti distinguo) la versione degli antisemiti, e per legittimare il processo. Da allora in poi, senza più ostacoli istituzionali, l’accusa del sangue dilaga in tutta Europa.
Uno degli studi più attendibili e documentati sull’argomento spiega che l’accusa del sangue non nasce dall’ingenuità popolare: essa è piuttosto il frutto di una complessa costruzione istituzionale. «Il mito raggiunge la sua forma compiuta […] non tramite il lento, tortuoso e progressivo affastellarsi o agglutinarsi di credenze e superstizioni popolari, ma grazie ai meccanismi processuali ed inquisitoriali nei cui ingranaggi gli ebrei vengono scaraventati dalle autorità ecclesiastiche e secolari di turno […]. Chiusi i processi e giustiziati gli imputati il discorso sull’accusa del sangue viene poi articolato dalle élites secolari, monastiche ed ecclesiastiche che lo diffondono poi con grande impegno e dispiego di mezzi tra le classi subalterne» [R. Taradel, L’Accusa del Sangue. Storia politica di un mito antisemita, Editori Riuniti, Roma 2002, pag. 132].
C’è, insomma, poco di spontaneo nell’accusa del sangue: più che rimandare alle profondità della psiche collettiva, a paure ancestrali o all’ignoranza diffusa, questa peculiare forma di antisemitismo ci invita a scavare nei meccanismi (istituzionali, e istituzionalizzati) di costruzione politica del nemico. Proprio come accade oggi con gli “zingari”, contro i quali si mobilitano non tanto – e non solo – i timori “spontanei” della gente comune, quanto le complesse dinamiche della costruzione mediale della paura.
Infine, un altro parallelo tra l’antisemitismo di ieri e l’antiziganismo di oggi potrebbe (e dovrebbe) far riflettere. Così come oggi non sono i Rom a rapire i “nostri” bambini, ma sono piuttosto le “nostre” istituzioni a sottrarre i minori Rom, così allora erano i cristiani a rapire i piccoli ebrei. Ne è testimonianza il cosiddetto «Affaire Mortara».
Edgardo Mortara è un bambino bolognese figlio di ebrei. La domestica della famiglia, una cristiana osservante e devota, prende il bambino – che ha appena un anno – e lo battezza di nascosto. Poi, tempo dopo, racconta tutto al suo confessore, il quale decide di avvalersi di un complesso meccanismo legale, che consente di strappare con la forza un bambino battezzato ai suoi genitori non cristiani. Il parroco attiva in questo senso le autorità ecclesiastiche e, un mattino del 1858, militari dello Stato pontificio si recano a casa Mortara a “prelevare” il piccolo Edgardo. Seguirà una lunga vicenda giudiziaria, in cui la famiglia riuscirà a mobilitare – peraltro senza successo – l’opinione pubblica internazionale, e persino sovrani cattolici come Napoleone III e Francesco Giuseppe.
Gli ebrei ieri, gli zingari oggi, i musulmani domani…. Brutta cosa l’odio, ma è l’ignoranza il peggior male, e in questo moderno medioevo ce n’è in sovrabbondanza.
Ciao!
Bellissimo intervento, è molto raro che qualcuno conosca la genesi del razzismo antisemita, che poi sarebbe meglio dire antiebraico, e non semita.
Purtroppo viviamo in un tempo in cui quasi nessuno si chiede più il perchè delle cose,e la televiosione abbrutisce la popolazione italiana.
Vista la tua erudizione in materia, immagino che conoscerai anche la genesi del razzismo europero, nei confronti degli “Indios” prima e del popolo africano dopo.
La mia tesi di laurea tratta proprio di questo, o meglio è su Bartolomé de Las Casas.
Ti aggiungerò fra i miei link e mi piacerebbe avere una corrispondenza con te, perchè dal tuo blog sembri una persona molto equilibrata…
Un saluto e a presto
Cecilia
Cara Cecilia,
qualche brevissima osservazione sul tuo commento, prima di scriverti con calma in posta elettronica (se vuoi scrivermi tu trovi la mia e-mail alla pagina “contattami”). Su razzismo e antisemitismo ho fatto una tesi di dottorato, riferita però al periodo ottocentesco: delle cose di cui ti occupi tu – che sono interessantissime e di straordinaria attualità – ho una conoscenza superficiale (ho letto il libro di Pagden, che immagino tu conosca bene, e poco altro). Mi piacerebbe molto approfondire e saperne di più. Quanto all’uso dei termini “antisemitismo” o “antiebraismo”, hai senz’altro ragione, almeno se si parla del Medioevo e dell’Età Moderna: dopo, nell’Ottocento e nel Novecento, il pensiero razziale costruisce davvero la categoria di “semita”, e il termine “antisemitismo” definisce meglio il pensiero razziale diffuso tra scienziati e opinionisti. Ma questo, ovviamente, meriterebbe un discorso a parte. Teniamoci in contatto, mi fa piacere.
Un abbraccio
sergio
Voi perbenisti con la vostra tolleranza avete creato il problema, il popolo sopporta fino a un certo punto, poi esplode.
Sti zingari schifosi ci hanno dato problemi per decenni, adesso finalmete è giunto il momento di risolvere il problema.
bruciamoli !
Mi chiedo se ti piacerebbe essere trattato con la stessa delicatezza e rispetto.
Il problema è che noi siamo tutto tranne che perbenisti, e proprio a causa di questo non esser perbenisti, anzi spesso di dire cose piuttosto scomode, che non veniamo ascoltati.
Dopo tutto lasciarsi andare al nostro lato più animalesco e violento è la strada più semplice ed immediata, il problema è che non si sa mai dove porta, e molto spesso verso esiti negativi
Mi ha colpito l’intervento dello storico David Bidussa (Rainews 24 in chiaro, alcuni giorni fa ) sulle impronte da prendere ai Rom; in sintesi, bisogna chiedersi non solo a cosa “servono” adesso, ma anche come potrebbero venire usate in seguito. Una settantina d’anni fa gli Ebrei italiani furono costretti dalla Legge Rocco sulle Comunità a farsi identificare, poi ci furono le leggi razziali, poi si sa come finì. Sono preoccupata, stiamo assistendo ad una nuova fascistizzazione del paese e non lo ritenevo possibile.
Sui bambini rapiti: sembra sia stata una pratica usata anche ai danni dei bambini valdesi in Piemonte, per educarli nella “vera fede” cattolica, qualche secolo fa.
buonasera,sono Loredana e faccio il 5 liceo.Ho deciso di preparare la tesina di fine anno sulle ingiustizie subite da bambini in diversi contesti storici.In storia vorrei portare la situazione degli ebrei e vorrei soprattutto fare un paragone fra i bambini ebrei nel passato e quelli rom di oggi.Nei articoli qui presentati parlano poco dei bambini,più delle persone mature che reagiscono diversamente alle ingiustizie sociali.Vorrei sapere se si trova qualche articolo sulla loro educazione o sullo stile di vita che avevano.Grazie mille.
mia moglie legittima valentina al settimo mese di gravidanza è scomparsa dalla nostra casa di milano il 13 11 2002. ho fatto numerosissime denunce di persone scomparse sin dal 19 11 2002. nonostante tutto non ho potuto mai vedere nostro figlio legittimo italiano mark tampucci nato a mia insaputa a brussels il 09 01 2003. tengo a precisare che nostro figlio legittimo italiano mark tampucci è stato riconosciuto da entrambi i suoi propri genitori legittimi. quando mia moglie valentina è scomparsa non aveva neanche chiesto la separazione. benissimo nel 2007 vengo a conoscenza (tramite una documentata testimonianza) che la mia famiglia legittima italiana è stata sequestrata da una pericolosissima ricchissima maniacale criminale mafiosa pedofila organizzazione della ndrangheta italiana operante nel traffico stupefacenti ad amburgo in germania. ovviamente ne informo immediatamente la questura di milano. anche l’ interpol ne era stata informata sin dalla mia prima denuncia nel novembre 2002. benissimo ho iscritto nostro figlio legittimo invisibile italiano alle scuole primarie di milano per l’anno 2009/2010. fra pochi giorni mio figlio mark deve presentarsi alle scuole dell’ obbligo. non so che altro fare. saluti enrico tampucci via massarani 5 milano 20139 italy tel 003902537290 00393333805869
E’ probabile che gli zingari accusati sui giornali siano innocenti
penso anche che gli stessi giornali o mass media oggi accusano per vendere e domani difendono gli stessi accusati per vendere ,vendere acqua saponata per far bruciare gli occhi.
Secondo me e’ da pazzi pensare di bruciarli ,ma e’ altrettanto da pazzi paragonarli ad ebrei o quant’altro.
Sempre secondo me sarebbe meglio che dopo aver appreso notizie del genere bisognerebbe uscire di casa e confrontarsi con :forze dell’ordine.famiglie,automobilisti o aziende ecc.danneggiate da questi signori
Oppure con qualche etnia molto vicino ai ”rom” per trarre delle conclusioni perbeniste e smettere di difendere tutti coloro ai quali quando li troviamo per strada non chiederemmo neanche ”che ore sono”.