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Archive for the ‘Articoli di G. Faso’ Category

alunnistranieri2 La proposta della Lega Nord sulle «classi separate» per gli alunni stranieri nasce da un pregiudizio: i bambini stranieri non sarebbero in grado di imparare velocemente l’italiano. In questo articolo, Giuseppe Faso spiega alcuni meccanismi di apprendimento della lingua, e arriva a conclusioni sorprendenti: i bambini stranieri hanno competenze che non sempre la scuola è in grado di valorizzare; e, spesso, gli stessi errori nell’uso dell’italiano derivano dal modo in cui questo viene insegnato, non (come si crede in genere) dalla poca familiarità con la lingua.

E’ possibile, con opportune griglie, valutare le regole linguistiche apprese in profondità dai bambini non italofoni presenti da poco tempo in Italia. Nessuna prestazione scolastica permetterebbe di comprendere altrettanto bene a che punto del percorso di apprendimento si trova il bambino. Basta invece ascoltarlo, nel corso di un dialogo «naturale», per rendersi conto con precisione del livello raggiunto nell’apprendimento della lingua italiana.

Dopo un percorso di formazione, giovani collaboratori del Centro Interculturale per cui lavoro sono in grado non solo di compiere un’analisi delle competenze, ma anche di accorgersi di eventuali storture indotte nell’apprendente da un input errato. Così, Tiziana, ascoltando per la prima volta e per pochi minuti una bambina nella scuola elementare di XYZ, è stata in grado di rivolgerle una domanda che ha sorpreso la docente di classe: «Tu provieni dalla scuola dell’infanzia di HWK, vero?». «Sì», ha risposto la bambina, sorridendo. Abbiamo poi spiegato alla maestra che non si tratta di capacità divinatorie: (altro…)

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giuseppe Giuseppe Faso studia da anni la riproduzione del discorso pubblico sull’immigrazione, con particolare riferimento al ruolo di giornali e mass-media. In questa intervista, pubblicata su «Percorsi di Cittadinanza» (rivista dell’ANCI Toscana), Giuseppe ripercorre la sua più che decennale attività di ricerca. E formula un’ipotesi: il dilagare dell’ossessione sulla «sicurezza» e la criminalizzazione dei migranti sono fenomeni che nascono dalla crisi della politica. Il potere perde legittimità, e cerca di riguadagnare terreno rafforzando i meccanismi di criminalizzazione.

La mia collaborazione con la rivista Percorsi di Cittadinanza risponde alla necessità di indagare sul ruolo delle parole, partendo sempre dalla situazione in cui uno apre il giornale, legge un manifesto murale, sente un sindaco parlare. Il discorso di Voci per un dizionario (una delle rubriche dedicate a questi temi) allude proprio al fatto che c’è una costruzione sistematica dell’immigrato e che quindi andare a cercare sui media anche le cose peggiori forse serve di meno rispetto a far emergere il carattere sistemico di quella costruzione. (altro…)

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In questo splendido articolo, di prossima pubblicazione sulla rivista «Guerre e Pace», Giuseppe Faso spiega alcune dinamiche della costruzione sociale del razzismo, e propone alcune strade possibili contro il dilagare della xenofobia mediatica e politica.

Il 28 luglio, in una frazione di Cerreto Guidi, una bottiglia molotov viene scagliata contro un gruppo di Sinti da due individui in moto. La prima agenzia di stampa che batte la notizia si inventa: «L’ipotesi più accreditata è che il gesto sia il frutto di una “bravata” compiuta da qualche adolescente del luogo». L’espressione è ripresa pari pari dalla maggior parte dei media. Non risulta nessun soggetto accreditato che abbia espresso tale ipotesi – anzi, perfino un fan di Oriana Fallaci, il presidente del Consiglio Regionale della Toscana,Riccardo Nencini, esprime una ferma condanna. Ma mentre queste ultime espressioni di condanna fanno parte del corredo retorico d’uso (non sono seguite infatti da nessun atto pratico), le parole dei giornali comunicano una promessa di impunità ai futuri attentatori. Mendicare ai semafori è un crimine contro il vivere civile, attentare all’incolumità e alla vita di persone appartenenti a minoranze stigmatizzate è una ragazzata. (altro…)

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«Clandestino»: quando una semplice definizione amministrativa diventa un marchio d’infamia. Un articolo di Giuseppe Faso.

Il buonsenso vorrebbe che si prendessero le distanze con severità da chi innesta su una infrazione amministrativa (la mancanza di documenti) uno stigma squalificante e sospettoso, il «clandestino»: non una persona che lavora in mezzo a noi (e spesso nelle nostre famiglie, come colf o assistente per la cura degli anziani), ma uno infiltrato di nascosto per commettere chissà quale crimine. (altro…)

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Uno splendido articolo di Giuseppe Faso, uscito sul numero in edicola di Left. La cosiddetta “percezione di insicurezza” non è un sentimento spontaneo della “gente comune”. E’, invece, il prodotto complesso di strategie comunicative messe in opera da giornalisti, politici, intellettuali. Sono i colti a costruire cornici ideologiche che portano alle sensazioni “di strada”.

Un gruppo nutrito di persone va ripetendo che sono inutili le certezze sulla diminuzione dei crimini, quello che conta è l’aumentata percezione dell’insicurezza. E che non averne tenuto conto ha nuociuto al marketing del centro-sinistra. Hanno cominciato Veltroni (allora Sindaco di Roma) e Amato (allora Ministro dell’Interno). (altro…)

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Tempo fa avevo segnalato a Giuseppe Faso l’incredibile progetto del Comune di Milano – da me già descritto e commentato su questo blog – che vorrebbe insegnare le regole della pulizia e dell’igiene agli immigrati, considerati evidentemente alla stregua di selvaggi. Giuseppe ha raccolto la palla al balzo e ha pubblicato – sul numero in edicola del settimanale Left – un suo commento “al veleno”. Eccolo.

«Una certa “fragilità” intrinseca e una scarsa cultura della salute e della prevenzione di alcune popolazioni straniere hanno portato a una recrudescenza di patologie ormai debellate o del tutto marginali nella popolazione milanese…» (Comune di Milano). “Immigrazione Sana” è il titolo di un “progetto” presentato nel sito dell’Amministrazione Comunale e segnalatomi da Cinzia, del Naga e Sergio, di Africa Insieme. Si tratta di un documento di rara comicità. (altro…)

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Ancora un bell’articolo (recente) di Giuseppe Faso, sulle dicerie gabellate per “dati di fatto”…

Una decina d’anni fa, la mia collaborazione a questo inserto è nata dall’idea che non si potesse delegare a specialisti accademici, coi loro tempi lunghi, un’analisi qualitativa delle strategie linguistiche e retoriche che costruiscono nella nostra società il fenomeno immigrazione, lo classificano, ed espellono dal discorso pubblico domande, perplessità, problematizzazioni nate in chi svolge un lavoro di prossimità con gli immigrati. Tale convinzione portò a istituire due rubriche, «Strumenti di lavoro» e «Le parole che escludono». Nella prima, venivano recensiti contributi sociologici, demografici, pedagogici e criminologici sull’immigrazione. Nella seconda, muovendo da spunti di lettura o di ascolto si ricostruivano pratiche di esclusione, a volte trasparenti (come in «vucumprà» o «efferato») a volte più complesse (come in «consulta» o «integrazione»).
Era chiara la fiducia, direi illuministica, su cui si reggeva l’operazione. Non sottovalutavo, però, la miseria di certe attività «intellettuali» che nel frattempo si muovevano in direzione opposta. (altro…)

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Lessico del razzismo democratico: è il titolo dell’ultimo libro di Giuseppe Faso, uscito per Derive & Approdi, che raccoglie gli articoli usciti nella rivista Percorsi di Cittadinanza (e pubblicati più volte anche in questo sito). Riproduco qui una recensione di Daniele Barbieri uscita sul n. 15/2008 di Carta.

Durante un dibattito, Tahar Lamri cita un proverbio arabo: «la lingua non ha l’osso», insomma va dove gli pare. Una ragazza albanese è lesta a rispondergli: «da noi invece si dice: non ha l’osso ma rompe tutte le ossa». Le parole corrono e fanno male: sono pietre, come la faccia dell’uomo nella copertina di «Lessico del razzismo democratico» [Derive Approdi, 144 pagine, 10 euro] di Giuseppe Faso. (altro…)

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Il rispetto per le opinioni altrui è, ovviamente, la base della democrazia e del pluralismo. Eppure, spiega Giuseppe Faso in questo articolo (uno dei suoi migliori pezzi, almeno a mio avviso), “nel mondo capovolto della chiacchiera televisiva, chi argomenta sulla base dell’esperienza e richiama alla cautela del metodo passa per uno incapace di uscire dalle proprie opinioni; e chi, per faziosità o debolezza accetta la diceria della tribù passa per informato, ben educato”. Una riflessione brillante a partire da un esempio concreto.

Mi guardo intorno, sorpreso dalla pacatezza con cui si sta discutendo il caso di S. La scuola è iniziata da due mesi, e non si riesce a programmare un inserimento per lui, proveniente dal Marocco, dove frequentava la quarta elementare: arrivato in Italia, in maggio, è stato inserito in quinta (non dal Collegio, come prescrive la legge, ma dal dirigente). «Inserito»: si fa per dire, perché, sia per le sue competenze linguistiche, che per non «disturbare» i nuovi compagni sotto esame, S. ha passato molto tempo fuori della classe, «badato» da insegnanti a turno. Promosso in prima media, senza essere accompagnato da nessun progetto di sostegno (la scuola gode di specifiche sovvenzioni da parte dell’Ente Locale, ma il bambino non è stato segnalato), si è trovato in una situazione di spaesamento, e le insegnanti per difendersene hanno sfoderato una terminologia avventizia (il termine ufficialmente più usato è «ipercinetico», ma nei corridoi si adopera altro termine più brutale) e discriminatoria, soprattutto davanti ai genitori degli altri bambini. Tutto il piccolo paese di *** sa che quel bambino rappresenta una minaccia per i suoi compagni di classe e impedisce ai docenti di lavorare. Il Centro Interculturale di cui faccio parte ha cercato di disinnescare la miccia, ma l’invito alla sdrammatizzazione e a un’azione programmata di inserimento finora ha dato scarsi frutti: si è preferito proseguire nella strada della stigmatizzazione. (altro…)

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faso.jpg Ancora un articolo di Giuseppe Faso, che stavolta ripercorre la storia del termine “degrado”, e l’emergere in tempi recenti (molto più recenti di quanto non si crede) della sua accezione di “deterioramento del paesaggio urbano dovuto alla presenza di strati marginali della popolazione, con l’insicurezza che tale presenza comporta”

Giornalisti, amministratori, politici fanno ricorso sempre più spesso al termine «degrado», per indicare una situazione urbana segnata dalla presenza di prostitute, lavavetri, zingari, immigrati costretti a condizioni abitative assai disagevoli. Dal momento che lavavetri e buona parte delle prostitute e degli zingari sono (non) persone migrate in Italia, la categoria «immigrato» fa presto a inglobarli. Così un luogo comune diventa un fatto sociale, e alla categoria costruita si affibia la responsabilità di un danno, un attentato al pubblico decoro. E scattano «misure anti-degrado» di vario genere, fino alle recenti grida sui lavavetri a Firenze. In casi simili piccole incursioni fuori dalla nostra provincia spazio-temporale possono aiutare a decostruire processi di categorizzazione in funzione discriminatoria. (altro…)

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faso.jpg Ancora un articolo della serie “Le parole che escludono” di Giuseppe Faso. Stavolta, oggetto dell’ironia di Giuseppe è la trita distinzione tra gli immigrati che vengono qui “per delinquere”, e quelli che invece emigrano “per lavorare”. Una dicotomia fondata su una idea (razzista) di “propensione”: la propensione a delinquere, la propensione a lavorare…

Nella «Guida al Pacchetto per la Sicurezza» [del Ministero dell’Interno] tra le varie espressioni di senso comune torna la locuzione «per delinquere»: «In quanto comunitari, i rumeni possono entrare liberamente in Italia (…). E questo va benissimo per coloro che vengono per lavorare. Ma servono strumenti adeguati per non lasciare campo libero a chi viene per delinquere».
Siamo di nuovo alle favole per minori (di senno) semiaddormentati: una volta la favola riguardava l’opposizione tra i «regolari», tutti buoni, e i «clandestini», fior di delinquenti. Ora che in Europa è cambiato il quadro normativo si fa una distinzione tra «inclini al lavoro» e «inclini alla delinquenza». (altro…)

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faso.jpg Mentre l’assessore Cioni di Firenze annuncia la prossima emanazione di un’ennesima ordinanza, stavolta sui mendicanti “orizzontali” (!!), torna d’attualità questo bell’articolo di Giuseppe Faso, scritto all’indomani del provvedimento fiorentino sui “lavavetri”. E’ una riflessione sul ruolo degli amministratori pubblici, da “esperti” nel governo delle comunità locali a volgari passaparola del senso comune più retrivo. Ecco come è cambiato il linguaggio delle “ordinanze”.

Sono andato a rileggermi alcune ordinanze. Sulle limitazioni all’uso dell’acqua, sulla lotta alla zanzara tigre ecc. Da questa lettura capisco che cos’è un amministratore. Lo capisco perché adotta un linguaggio e mette in atto delle procedure da Sindaco. Fa un quadro della situazione specifica molto più articolato rispetto a quello di cui sono capace io, semplice cittadino, le costruisce intorno contesti significativi, fa riferimento a una serie di norme e all’efficacia che ci si può aspettare dal provvedimento. Parla di scopi e di obiettivi, non fa riferimento a valori (diffido di questi richiami, me l’ha insegnato quand’ero ragazzo uno storico, di quelli che studiavano le cause sociali delle sofferenze umane e le funzioni ideologiche delle mitologie dominanti).
Leggo poi le ordinanze sui lavavetri e sugli sgomberi. E ne rimango sgomento. (altro…)

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faso.jpg Un articolo di Giuseppe Faso, sull’uso (e l’abuso) dei sondaggi di opinione. Il sondaggio non è uno specchio delle percezioni collettive: ne è, piuttosto, una sorgente.

A giudicare da un sondaggio, parrebbe che – dopo l’ultima campagna di stampa – per il 42% degli italiani gli immigrati siano dei ladri. Inoltre, tre italiani su dieci ritengono che l’attività usuale degli stranieri sia lo spaccio, il 17 per cento la rapina e l’11 per cento lo stupro. (altro…)

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faso.jpg Giuseppe Faso sulla nota favoletta della “sicurezza percepita”….

La Guida al Pacchetto per la Sicurezza pubblicata dal Ministero degli interni consta di venti paginette. Ne raccomando caldamente la lettura a quanti siano in grado di resistere all’angoscia dell’inefficacia programmata e all’uso grottesco di figure retoriche tipiche di consimili prodotti. Si veda l’uso fitto della litote, che ricorda pagine esilaranti di Gadda scritte sotto l’ironica veste di Norme per la redazione di testi radiofonici: “non infondata”, “non univoci”, “non senza”, “non può non”, “non esclude”, “non inferiore”, “non immediata”, ecc. C’è di che provare insicurezza esistenziale e linguistica, ma questa è la prosa del ministero. Non manca, certo, la sintonia con il senso comune prevalente tra politici e gazzettieri. Anzi, ci sono sintomi rilevanti di convergenza, come sulla nozione della Percezione e la convinzione che la gente si sposti Per delinquere. (altro…)

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faso.jpg  Ancora un articolo di Giuseppe Faso, uscito sull’ultimo numero di Percorsi di Cittadinanza, rivista della Consulta Regionale ANCI per l’Immigrazione. Un verbale dei carabinieri – da me segnalato a Giuseppe – senza capo nè coda. C’è un rumeno al supermercato e la gente chiama le forze dell’ordine. Anzi: a seguito della presenza di un rumeno la gente chiama; i carabinieri, a seguito della segnalazione, prontamente accorrono. Ma a seguito di che? Non è successo niente e tutti si agitano. Le conseguenze grottesche dell’allarme sicurezza…

“Oggetto: verbale di perquisizione personale ai sensi dell’art. 352 comma 1 del cpp operata a carico di (…). Il giorno 22 del mese di Dicembre 2007 alle ore 10.20 in ZZZ, all’esterno del supermercato QQQ sito in questa Via YYY, i sottoscritti Ufficiale ed Agente di P.G. Mar. XY e Carabiniere Scelto YZ, danno atto che a seguito della presenza del cittadino romeno in questa Via YYY, danno atto a chi di dovere che a seguito della segnalazione della presenza del cittadino romeno da parte di personale dipendente del predetto supermercato, hanno proceduto di iniziativa alla perquisizione del soggetto, in quanto lo stesso alla nostra vista tentava di allontanarsi dal posto con passo veloce. Il sig. xxx, preliminarmente veniva avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia o da altra persona di fiducia, purchè prontamente reperibile ed idonea a testimoniare ad atti del procedimento, lo stesso ha rinunciato a tale facoltà. (…)”. (altro…)

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faso.jpgIl mio amico Giuseppe Faso pubblica da anni una rubrica sulla rivista dell’ANCI Toscana “Percorsi di Cittadinanza”: la rubrica si chiama “Le parole che escludono”, e ogni pezzo è un commento sull’utilizzo di alcuni termini nelle retoriche comuni riguardanti l’immigrazione (quelle per capirci, largamente in uso nella stampa quotidiana, nei mezzi di informazione e nella politica). Questi termini sono, appunto, parole che escludono. I pezzi di Giuseppe sono arguti, ironici, gustosi da leggere, e propongono sempre riflessioni non scontate: per questo, decido da oggi di ospitare sul mio blog quelli che mi sembrano più stimolanti. Qui di seguito, il commento sulla parola “soglia”. Quella che figura in frasi del tipo “oltre una certa soglia di immigrati, la gente diventa razzista”…

(altro…)

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