Criminalizzazione del dissenso e dei movimenti pacifisti, gestione autoritaria dell’ordine pubblico, «giro di vite» nelle relazioni sindacali con gli operatori di polizia, rigidità nel rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno all’Ufficio Immigrazione: così, nel 2003, un Questore pensò di svolgere il suo ruolo nella città di Pisa. Movimenti, volontariato, associazioni e sindacati di polizia riuscirono ad allontanare quel Questore, con una vertenza civile, democratica, determinata. Rebeldia ripubblica nel suo sito i materiali di quella straordinaria vicenda: intanto, però, arrivano le condanne penali contro i suoi protagonisti.
«Un poliziotto che lavora tra le gente»; «ha il dono della simpatia a prima vista»; «un colloquio con i giornalisti che diventa subito una chiacchiarata informale»; «un poliziotto di strada». Così la cronaca pisana de «Il Tirreno» riassume, il 25 Giugno 2002, la prima conferenza stampa del nuovo Questore, Eugenio Introcaso, arrivato da pochi giorni in città. A sentire il cronista pare proprio un tipo simpatico, il Questore: uno in maniche di camicia, concreto, informale, ma anche un serio professionista. Verrebbe quasi da crederci, se non fosse per una frase un po’ fuori posto riportata nell’articolo: «Intendo spendere tantissime risorse sul piano della prevenzione, perchè i reati non vengano commessi. Ad esempio ho sentito parlare dei problemi connessi all’esistenza del campo degli zingari: anche qui considero esigenza primaria non far commettere i reati». Un’immagine bizzarra della prevenzione: coloro che potrebbero, in teoria, commettere dei crimini (individuati sulla base di dicerie e pregiudizi) vanno allontanati prima che facciano danni. Peccato che la legge – che un Questore sarebbe chiamato a rispettare e far rispettare – preveda la punizione degli autori di reato, e non di quelli che ipoteticamente potrebbero diventarlo. Magari solo perchè zingari. Un brutto scivolone, insomma: a cui nessuno fa caso. (altro…)
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