Uno splendido articolo di Giuseppe Faso, uscito sul numero in edicola di Left. La cosiddetta “percezione di insicurezza” non è un sentimento spontaneo della “gente comune”. E’, invece, il prodotto complesso di strategie comunicative messe in opera da giornalisti, politici, intellettuali. Sono i colti a costruire cornici ideologiche che portano alle sensazioni “di strada”.
Un gruppo nutrito di persone va ripetendo che sono inutili le certezze sulla diminuzione dei crimini, quello che conta è l’aumentata percezione dell’insicurezza. E che non averne tenuto conto ha nuociuto al marketing del centro-sinistra. Hanno cominciato Veltroni (allora Sindaco di Roma) e Amato (allora Ministro dell’Interno). Ora, vi ritornano in tanti esponenti del PD, tra cui Rutelli per spiegare al volo (e con una favoletta sola) la sua cocente e grave sconfitta elettorale, e i giornalisti. Tra cui si distinguono il comunquista Augias («comunque la percezione dei cittadini è quella, e una certa sinistra avrebbe dovuto capirlo», La Repubblica del 26 Aprile 2008), e Michele Serra.
Il quale afferma che «il sentimento dell’insicurezza è soprattutto un sentimento “popolare”, un sentimento di strada» (20 Aprile 2008, sempre su La Repubblica). Chi voglia capire da dove viene, si rivolga a Lisa Simpson, reduce dalle lezioni di creazionismo: «Abbiamo fatto una verifica e la risposta è sempre la stessa: l’ha fatto Dio». Serra spiega, indulgente, che «la tentazione delle varie “ronde” più o meno spontanee, più o meno manesche, nasce esattamente dal timore che l’arretramento dello Stato, sul terreno tutt’altro che simbolico delle città, dei quartieri, delle periferie, sia anche un arretramento “politico”». E ribadisce che sarà duro imporre agli stranieri «il rispetto delle nostre leggi: operazione, quest’ultima, di particolare difficoltà nel caso di popoli e culture che hanno delle donne un concetto “proprietario”, dunque rapinoso e violento».
Non sfugga lo slittamento delle imputazioni: il comportamento dei rondisti (più o meno maneschi) viene spiegato su base situazionale, mentre i comportamenti di interi «popoli e culture» vengono ricondotti a una identità, sulle cui caratteristiche soccorre uno stereotipo, il concetto sovente proprietario (tra virgolette, traccia di un imbarazzo linguistico che Serra si lascia alle spalle) delle donne.
Si segna un confine preciso tra i «nostri» comportamenti, spiegati in base a situazioni e disagi sociali, e i «loro», ricondotti a cause naturali o di così lenta storicità da sembrare tali. Da una parte le «nostre» leggi (come si lascia sfuggire Serra: concetto proprietario?), dall’altra la «loro» brutalità, da ricondurre alla «loro» cultura, assai più prossima della nostra a una natura incoercibile.
Pare che non si possa chiedere a leaders politici un minimo di dignità scientifica, senza scatenare reazioni come quelle di infausta memoria espresse pochi mesi fa da Amato. Ma da chi esibisce di saper leggere e scrivere, forse qualcosa di più ci si potrebbe aspettare. Per esempio, che si rendano conto, il Serra e l’Augias, che le loro strategie retoriche sono minuziosamente descritte negli studi più prestigiosi sul discorso razzista. Già all’inizio degli anni ’90, per esempio, da un osservatorio poco provinciale, Teun Van Dijk (di eccellente competenza, sulla lingua, la percezione e il razzismo) mostrava come la percezione «popolare» di una pericolosità sociale degli immigrati non sia un fenomeno naturale, ma sia profondamente influenzata dal discorso istituzionale e mediatico. Van Dijk indica le motivazioni e descrive le strategie discorsive delle élites, che offrono una pre-formulazione del discorso pubblico razzista consentendone la riproduzione e la diffusione.
Sono i colti che costruiscono cornici ideologiche che portano alle percezioni “di strada”: tra queste, quella sul carattere congenitamente diverso delle minoranze immigrate, sulla minaccia per le «nostre» donne (come da indimenticabile exploit Poverini-Augias) e sul carattere culturale della loro inassimibilità, opposta a quella positiva presentazione di sè necessaria a coprire la xenofobia delle élites politiche e mediatiche.
Giuseppe Faso, «Left», n. 20, 16 Maggio 2008. Il titolo originale dell’articolo è «Sentimento»
[…] @ 10:07 am Io oggi sono spenta. C’ho il neurone ingrippato. Allora lascio qui solo un post del mio nuovo Guru…Invidiandone la compostezza e la capacità di argomentazione (anche […]
Caro Sergio,
Condivido quest’articolo che trovo un’analisi lucida e acuta. Non c’è da meravigliarsi se a scriverlo è il mio caro amico Faso
che, insieme a Giuliano Campione, è stato un pioniero nello studio del razzismo.
Complimento per il tuo blog. Un abbraccio anche a te.
Aly Baba Faye
http://alybabafaye.wordpress.com/
Ciao Sergio, ho trovato il tuo blog molto interessante e volevo dirtelo. Ti invito a visitare il mio: http://stefaniaragusa.blogspot.com
Tornerò spesso a trovarti
buon lavoro!
stef.
Ciao Sergio, complimenti per il blog e grazie per avermi fatto “scoprire” gli articoli di Faso. Mi farebbe molto piacere se venissi a visitare il mio: stefaniaragusa.blogspot.com
A presto,
stef.