Nei giorni difficili degli assalti al campo Rom di Ponticelli, questo blog aveva più volte cercato di confutare la diceria degli zingari che ruberebbero i bambini. Ora uno studio scientifico, condotto su numerose inchieste giudiziarie, dimostra l’inconsistenza di questo mito. Eccone una breve sintesi.
Nei giorni della peste si gridava all’untore. Per secoli gli ebrei sono stati incolpati di sacrificare bambini per riti di sangue. Gli zingari invece sono ancora accusati di rapirli. Specialmente le donne, che indossando lunghe e larghe vesti potrebbero nascondere a meraviglia i piccoli gagè – cioè gli «altri», i non rom – rapiti alle loro madri in un mercato, in una via brulicante di persone o addirittura nella cameretta del neonato dopo esservi penetrate con una scusa. Non sembrano tuttavia molto abili, le presunte ladre di bimbi. Mai una volta che siano riuscite a portarne via uno…
Quando una madre grida contro la zingara rapitrice e la fa arrestare, l’indagine può svolgersi al massimo per tentato sequestro. Il canovaccio della storia è quasi sempre uguale: il posto è affollato, la presunta colpevole è femmina, la reazione della madre è pronta, talvolta avviene una piccola colluttazione ma nessuno interviene; si immagina sempre qualcuno o qualcosa vicino, fosse pure il furgone di un italianissimo esercente, pronti ad imbarcare la refurtiva; infine, quando una o più rom vengono arrestate «in flagranza di reato» in realtà sono fermate lontano dal luogo del supposto delitto, magari mentre pranzano alla mensa della Caritas, come nella vicenda di Lecco che è ancora pendente in Cassazione.
Ogni storia segue un analogo brogliaccio. A gridare all’untore sono subito i giornali o i telegiornali. E’ famoso l’episodio dell’Isola delle femmine, 28 luglio 2007. Grandi titoli da scandalo e paura: «Zingara tenta di rapire bimba di quattro anni». Appena qualche giorno dopo la madre ammette il pregiudizio contro i «nomadi», quella donna rom ha addirittura fermato la piccola che stava allontanandosi. La storia finisce in archivio come molte altre. Mai però ritorna sui giornali per informare che gli zingari non c’entravano nulla, oppure è pubblicata a misura di francobollo.
Talvolta il «senso comune» contro i nomadi fa comodo per sviare le indagini su un delitto abominevole di pedofilia in famiglia o più banalmente per nascondere un incontro con l’amante. Questi non sono casi di fantasia e di colore narrativo. Gli spunti provengono dall’esame minuzioso e scientifico che Sabrina Tosi Cambini, ricercatrice dell’Università di Siena, ha condotto su quaranta casi di presunto sequestro o sparizione di minore, soffermandosi su sei di essi per i quali si è sviluppato un procedimento penale.
Che gli zingari non rubino i bimbi gagè, i preti e i volontari della Fondazione Migrantes lo sapevano bene. L’organizzazione della Cei conosce e frequenta i campi rom. Proprio per questo si sono allarmati quando hanno cominciato a sentir crescere il «senso comune» contro gli zingari. Così hanno deciso di finanziare una ricerca coordinata da Leonardo Piasere e articolata in due studi, uno sul luogo comune della zingara rapitrice e l’altro sul rovescio di questa medaglia: quanti sono i bambini sottratti alle famiglie rom e dati in adozione nella piena legalità formale dei tribunali, ma seguendo criteri di valutazione indifferenti al dolore e alla diversa cultura dei loro genitori?
Carlotta Saletti Salza, che ha condotto questa seconda parte dell’indagine, ne ha contati oltre duecento prendendo in esame i tribunali di Torino, Bologna, Bari, Lecce, Trento, Firenze, Venezia e Napoli. Realtà diverse, campi rom in cui sono attivi i servizi sociali pubblici e quindi è più difficile ravvisare la mancanza di tutela per il minore, altri dove la magistratura minorile interviene praticamente da sola e con criteri di valutazione differenti da giudice a giudice.
Permane comunque la difficoltà a coniugare la cultura gagè con quella rom soprattutto sugli aspetti più delicati e inquietanti come l’accattonaggio. Insomma, anche gli zingari hanno paura che il braccio della legge porti via i loro bambini. La prima ricerca è stata pubblicata dal Cisu, Centro informazione e stampa universitaria, l’altra è ancora in corso di pubblicazione.
Volutamente provocatorio il titolo del volume, La zingara rapitrice, un pugno nello stomaco contro chi va ripetendo «con martellante insistenza» questo antico e terribile ritornello. «Sarebbe infamante rapire un bambino ma non meno infamante e criminoso è attribuire a qualcuno questa infamia senza averne le prove», osserva monsignor Piergiorgio Saviola, direttore della Migrantes.
Mentre l’organismo dell’episcopato italiano, nella sede di Radiovaticana, sta illustrando questa sua meritoria iniziativa, riesce difficile non pensare all’effetto drammatico delle ultime misure del governo. «Ci vorrebbe molta più attenzione verso questa etnia» – risponde Saviola -, «più rispetto per la persona e la dignità umana, soprattutto accoglienza, comprensione, non dico che stiamo andando contro, dico però che ci vorrebbe più attenzione».
Un altro sacerdote, monsignor Piero Gabella che vive in un campo rom e per anni ha curato la pastorale nomadi per Migrantes, guarda a questa brutta storia di razzismo con crescente allarme. E racconta: «Noi per anni e nel silenzio della stampa abbiamo provato a costruire una vita comune tra rom, sinti e gagè ma adesso sentiamo che tutto il nostro lavoro viene distrutto, che tutti i mattoni faticosamente costruiti sono spazzati via. Ci accusano di difendere l’indifendibile, di essere amici degli zingari, perciò con questa indagine abbiamo voluto dimostrare che avevamo ragione noi a difenderli dalle accuse».
Ma chi potrà rendere giustizia a quella bambina sinti, peraltro cittadina italiana, che improvvisamente non vuole più andare a scuola? Una compagna di classe le ha detto «tua madre è zingara e ruba i bambini».
Fulvio Fania, «Liberazione», 11 Novembre 2008. Titolo originale dell’articolo: «Sbatti la zingara in prima pagina»
Per approfondire leggi, su questo blog, tutti gli articoli dedicati ai Rom accusati di rapire i bambini
Due miti duri a morire: quello degli zingari cattivi e quello dei preti buoni.
Mi sarebbe tanto piaciuto leggere nell’articolo un’intervista, un riferimento, un accennino piccino picciò a qualche antirazzista non afflitto dalla convinzione dell’amico immaginario.
Vabbè, pazienza, almeno un mito su due è confutato.
Giusto per testimoniare che c’è anche gente razionale che si occupa di solidarietà: http://www.uaar.it/uaar/campagne/solidarieta/
Frugatevi! ;-P