Non era mai successo, nella storia italiana: la sinistra – qualunque cosa si debba intendere con questa parola – è fuori dal Parlamento: almeno così ci riportano le cronache notturne, sulla base di cifre che sembrano sostanzialmente definitive. Un fatto nuovo, inedito, che impone una riflessione attenta. E’ significativo il silenzio, in queste ore, dei siti di partito: gli unici commenti in rete vengono, per ora, dai blog personali (se ne trova una buona antologia sul metablog Kilombo). Occorrerà una riflessione attenta, meditata a collettiva: qui, un piccolo commento a caldo.
Incide, in questa sconfitta, la disastrosa esperienza di governo, che aveva suscitato inizialmente grandi speranze, e che poi non ha ottenuto risultati apprezzabili nella vita quotidiana di milioni di cittadini. Stasera, sulle reti televisive, commentatori e giornalisti si affannavano ad accusare la sinistra di aver di fatto ostacolato l’azione di governo: di avere svolto, in altre parole, il ruolo di guastatore della maggioranza, perdendo credibilità agli occhi di elettori in cerca di stabilità. Si tratta, come spesso accade, di una lettura semplicistica e poco convincente. Al contrario, la sinistra è apparsa appiattita, priva di idee autonome, incapace di condizionare adeguatamente e autorevolmente l’operato dell’esecutivo. Questo è certamente uno degli ingredienti decisivi della sconfitta, su cui sarà necessaria un’autocritica – da parte del gruppo dirigente – ben più incisiva di quella ascoltata stasera. Quello del governo ha rappresentato un passaggio epocale: arrivata nella stanza dei bottoni, nel luogo dove avrebbe dovuto e potuto incidere, la sinistra non è stata in grado di produrre cambiamenti, rivelandosi impotente e inerte. Forse, come più volte ha suggerito Marco Revelli, si dovrà ripensare a fondo proprio la concezione del potere: oggi, non è entrando nei gangli apparentemente decisivi dello Stato-nazione che si invertono processi sociali, consolidati e decisi altrove.
L’assenza di una rappresentanza parlamentare imporrà, d’altra parte, un ripensamento complessivo dell’azione politica. Non solo delle forze raccolte nella coalizione dell’Arcobaleno, ma della stessa sinistra sociale: movimenti, associazioni, forme collettive di resistenza e di autoorganizzazione. Se, fino ad oggi, la sinistra sociale aveva sviluppato la propria azione in un rapporto difficile, complesso, ma costante, con la rappresentanza politico-parlamentare, oggi questo riferimento viene meno. Questo, inevitabilmente, cambia lo scenario: se ne dovranno trarre le conseguenze, ripensando l’articolazione tra la società e la politica.
Ci attende una sfida difficile, che richiede tempi lunghi, pazienza, e che soprattutto ci invita ad evitare ogni scorciatoia. Diamoci da fare.
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